La bagarre giudiziaria intorno alla detenzione di Luiz Inacio Lula da Silva, l’ex presidente del Brasile favorito per vincere le presidenziali del 7 ottobre in Brasile, colloca un punto interrogativo al suffragio elettorale e al futuro politico del Paese. La lotta tra giudici, avvocati, ma anche politici, ha raggiunto il suo apogeo l’8 luglio, quando Rogerio Favreto, il giudice di turno del Tribunale regionale federale 4 di Curitiba (Trf4) – dove Lula sconta una dissentita e non definitiva condanna di 12 anni per corruzione e riciclaggio – ha spiccato per ben tre volte nello stesso giorno un habeas corpus a favore dell’ex presidente.
Gli agenti del carcere della polizia federale, dove è detenuto Lula, si sono rifiutati d’ubbidire a Favreto, soprattutto quando hanno ri- cevuto la telefonata di Sergio Moro, il giudice che ha condannato Lula in prima istanza. Nonostante fosse in ferie e non più di competen- za nel caso Lula, Moro ha fatto pressione prima sul giudice Gebran Neto e poi sul ministero pubblico federale che, attraverso il giudice Thompson Flores, ha bloccato definitivamente il tentativo di liberazione di Lula. La difesa e il Partido dos Trabalhadores, il partito dell’ex presidente, aveva- no premeditato il piano di scarcerazione di Lula, poi- ché sapevano che Favreto, un giudice vicino al partito, l’8 luglio, era di turno e avrebbe potuto firmare l’ha- beas corpus.
Jul 16, 2018Lula non molla ancora, il verdetto sul Brasile
Il Fatto Quotidiano
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